Damon Albarn e il nuovo album malinconico e bellissimo

È dagli inizi del Duemila che Damon Albarn fa ciò che ci si aspetterebbe da molte altre rockstar di peso: sfruttare il capitale di successo accumulato per fare esattamente e soltanto ciò che gli pare, senza alcuna preoccupazione commerciale. Un sogno per qualsiasi artista. È libero, e da questa condizione Damon spesso fa grandi numeri, come i milioni di copie venduti con i Gorillaz e la fama planetaria, ma ci sono stati anche gli album con i musicisti maliani, l’opera lirica sull’occultista inglese John Dee, i due dischi – bellissimi ma ignorati, l’ultimo dei quali sulla Brexit – con i The Good, The Bad and The Queen.

Poi ci sono progetti che stanno a metà della «scala Albarn», come l’ha chiamata il Guardian: se a un capo c’è Boys and Girls e Feeling Good Inc, cioè le hit pop, e dall’altro l’opera lirica Dr. Dee, in mezzo c’è il nuovo album, The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows (tradotto: più vicina è la fonte, più puro scorre il torrente). Inizialmente questo doveva essere un album scritto per la Festa delle luci di Lione, che gli aveva commissionato delle canzoni dandogli carta bianca, e lui, che appunto fa solo ciò che gli va, aveva deciso di lavorare con qualche musicista di Reykjavik, voleva che nella sua musica finissero le sensazioni dei giorni passati a sognare a occhi aperti guardando il magnifico paesaggio islandese dalla finestra della sua casa di vacanza (con l’Islanda Damon ha un rapporto che va avanti dagli anni Novanta, da quando con gli altri dei Blur aveva fatto un viaggio indimenticabile, ma questa è un’altra storia).

Poi è arrivata la pandemia, il mondo si è fermato e lui ha chiamato a raccolta due vecchi amici – l’ex chitarrista dei Verve Simon Tong e il compositore Mike Smith – e ha deciso di trasformare quelle registrazioni in un album pop più coerente, o come dice lui, «una meditazione coesa sulle particelle, sul presente e sul futuro». Questa meditazione sulle particelle è di fatto un viaggio che lo ha portato dall’Islanda a Montevideo, dall’Iran al Devon. Sulla traccia di apertura incombe il fantasma del grande amico scomparso di recente, il percussionista Tony Allen: «Sembravi immortale… al mio cuore eri più vicino». C’è ovviamente il senso di angoscia del lockdown che si esprime direttamente in alcuni versi («Am I imprisoned on this island?», «Sono imprigionato su quest’isola?», si chiede in The Cormorant), così come nelle atmosfere malinconiche e nebbiose. Non ci sono grandi ritornelli, non c’è un singolo che le radio potrebbero amare, c’è un sassofono jazz e una vecchia drum machine. Nei testi, Damon lascia andare la memoria a tempi più felici, con bambini che giocano su una spiaggia e palazzi abbandonati dove una volta si facevano delle feste. Anche nella canzone d’amore Royal Morning Blue, meno malinconica delle altre, c’è un elemento di angoscia: «Niente del genere era mai successo prima… resta al mio fianco alla fine del mondo».

Se c’è una cosa che a Damon Albarn riesce bene è impregnare le melodie di una malinconia tutta sua, tanto profonda quanto poetica, che lui spesso ha definito parte del carattere nazionale inglese. Stavolta, la tristezza si fonde con il senso di smarrimento e le ansie legate alla pandemia. The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows è un’esperienza emotiva a tratti pesante, chi preferisce il Damon pop dei Blur più scanzonati o la vivacità dei Gorillaz si troverà spiazzato, chiuso in un album avvolgente e rarefatto. Di recente Damon Albarn ha detto di non essere «contrario» a un’altra reunion dei Blur, perché sarebbe «un sollievo rispetto a quello che faccio ora». Di certo, continuerà a fare solo ciò che gli piace, fregandosene di tutto: soldi, vendite, fan. Si è persino tagliato i capelli come un tedesco degli anni Ottanta: corti davanti, sopra e sui lati e lunghi dietro. Ebbene sì, un mullet. Roba che non sta bene praticamente a nessuno e che lui invece sfoggia forte della sua coolness naturale, e che possiamo «damonianamente» interpretare come l’ennesima, menefreghista, snobbissima, dichiarazione d’indipendenza.

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