biochar e compost insieme contro la desertificazione

Il progetto europeo coinvolge 4 Stati (Italia, Spagna, Belgio e Cipro). Obiettivo: testare le potenzialità del CBMix, miscela che unisce ammendante e biochar, per aumentare la capacità del suolo di assorbire carbonio

di Emanuele Isonio

 

Ascolta “”Black to the future”: biochar e compost insieme contro la desertificazione” su Spreaker.

Ridurre l’impoverimento del suolo e aumentare la sua capacità di assorbire carbonio, migliorando la resa delle piante. L’esigenza è diffusa in molte aree del Mediterraneo, tra le più esposte al rischio desertificazione. Nel caso dell’Italia, ricordano i dati del Sistema nazionale per la protezione dell’Ambiente (SNPA), il 10% del territorio nazionale è considerato molto vulnerabile al degrado (erosione, salinizzazione, diminuzione di sostanza organica). E un ulteriore 49% è a media vulnerabilità.

Urgono pratiche agricole sostenibili

Come contrastare il fenomeno? Con una miscela di compost e di biochar, un materiale carbonioso derivato dalla degradazione termica delle potature agricole. Il suo nome è CBMix ed è alla base del progetto europeo Black to the future finanziato dallo European Institute of Innovation and Technology. Quattro i Paesi coinvolti: Italia, Spagna, Cipro e Belgio. Black to the future mira infatti a implementare pratiche agricole sostenibili nelle aree europee ad alto rischio di desertificazione.

Il CBMix è realizzato a Faenza da Enomondo, società del gruppo Caviro e viene poi distribuito su alcuni terreni dei paesi partner per testarne la resa in diverse condizioni climatiche e ambientali, oltre che su colture differenti.

A seguire la sperimentazione in Emilia-Romagna è il CRPV-Centro Ricerche Produzioni Vegetali in collaborazione con l’Università di Bologna mentre gli enti partner negli altri Paesi sono CSIC Consejo Superior de Investigaciones Cientìficas (Spagna), Cyprus University of Technology (Cipro) e Urban Crop Solutions (Belgio).

Un progetto di bioeconomia circolare

“Questo prodotto non esiste attualmente. Nell’ottica della circular bioeconomy è però strategico” spiega Nicolas Greggio, ricercatore dell’Università di Bologna coinvolto nel progetto. “Stiamo cercando di testarlo in campo e di validarlo per costruire un modello di business. Vogliamo coinvolgere l’agricoltura che ci fornisce direttamente le matrici per produrre questa nuova miscela di compost e biochar. Questo prodotto potrà essere di utilità estrema per recuperare suoli marginali, per migliorare il contenuto di carbonio in alcuni suoli e ridurre il bisogno di acqua delle colture”.

Alla base del progetto, avviato a maggio 2021 e della durata di un anno, con possibile prolungamento fino al termine del 2022, c’è l’intenzione di operare per la diffusione di un modello di economia circolare che coinvolga tutti gli attori della filiera nel riutilizzo degli scarti agricoli e in una gestione sostenibile del suolo. Ma sono proprio gli agricoltori che potrebbero trarre i maggiori benefici da questo sistema.

Per gli agricoltori, una fonte di guadagno

“Tutta la filiera è interessata” spiega Greggio. “In questo schema, in particolare l’agricoltore fornisce la materia prima e gode di un sistema di reward. Ha una sorta di compensazione in termini di miscela che viene poi usata in campo. Questa miscela, ricca di nutrienti, fa sì che possa risparmiare sui fertilizzanti chimici classici. L’agricoltore porta al sito di lavorazione questa materia prima e torna a casa con una quantità di CBMix da spargere in campo”.

I primi risultati delle sperimentazioni in campo, su terreni coltivati a vite, sono più che promettenti. “Questi risultati – rivela Greggio – ci dicono che un vigneto ammendato con il mix di compost e biochar produce di più, ha meno bisogno di acqua e la qualità del prodotto è rimasta intatta”.

I risultati in termini di rese agricole dell’uso della miscela CBMix sui vigneti. FONTE: presentazione Ecomondo 2021 – Dipartimento BIGEA, università Bologna.

Un’azione contro il calo di produttività dei terreni

Musica per le orecchie degli agricoltori che in Europa sono impegnati ogni giorno a contrastare il fenomeno della siccità che sta coinvolgendo ampie porzioni del continente europeo. I dati satellitari sulla copertura vegetale e la produttività del suolo segnalano che tra il 1998 e il 2013 una percentuale pari al 20-30% delle terre emerse nel mondo ha mostrato andamenti declinanti nella produttività. Grazie all’osservazione satellitare del programma europeo Copernicus è stato stimato che il 12% delle terre coltivate a vegetazione mostra un calo della produttività e che il 21% è a rischio. Inevitabile assistere a seri danni ai servizi ecosistemici che suolo e territorio forniscono all’uomo.

A essere più danneggiata è proprio la produzione agricola e il patrimonio forestale che perdono servizi come l’irregimentazione dei corsi d’acqua e la purificazione delle risorse idriche. Ma il suolo arido non può garantire l’accumulo di carbonio e quindi non può aiutare nella riduzione di emissioni di gas serra in atmosfera. Perdita di suolo per erosione e diminuzione di carbonio organico dei suoli sono strettamente collegati e rappresentano due dei principali fattori che conducono all’innesco di processi di desertificazione.

Gap culturali da colmare

Comprensibile quindi che il mondo agricolo dovrebbe essere il più attento a innovazioni come quella del CBMix. Eppure, c’è ancora una certa resistenza e impreparazione a comprendere l’importanza di restituire sostanza organica ai terreni. Per questo, nel progetto Black to the Future è previsto anche un sondaggio rivolto agli operatori del settore con l’obiettivo di comprendere le barriere legate all’adozione di ammendanti e fertilizzanti organici.

“C’è ancora un gap culturale da chiudere” ammette Greggio. “L’agricoltura non è ancora prontissima a recepire questo tipo di materiali. Nel progetto speriamo proprio di capire quali sono le barriere e di aiutare agricoltori e studenti a capire le potenzialità di questa matrice”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.